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Le erbe aromatiche

Dalla guida "Le Aromatiche" - Il Timo

pubblicato il 05.07.2012
Timo

Il timo comune (Thymus vulgaris) è un piccolo arbusto perenne, originario della regione mediterranea occidentale.
Appartiene alla famiglia delle Lamiaceae. Cresce spontaneo in tutta l’area mediterranea fino a 1500. In Italia è spontaneo in quasi tutte le regioni nei luoghi collinosi e montani, nei terreni solatii e le colline sassose e aride. Viene coltivato in Francia, Spagna, Grecia, Portogallo e Stati Uniti.
La parola Timo, dal latino “thymum-i”, proviene dal termine “thymiana-atis”, che vuole significare “molto profumato”. Tutta la pianta emana un odore aromatico gradevole, simile alla canfora.
È un suffrutice (pianta che ha fusto legnoso per breve tratto e consistenza erbacea nella parte superiore), alto 20 - 60 cm, con fusti ramificati che tendono a lignificare dopo 4 - 5 anni di vita. Presenta foglie opposte, brevemente spicciolate, a margine revoluto (ripiegato generalmente verso il basso o l’esterno), lanceolate, di colore grigio-verde, piu’ chiaro nella pagina inferiore per la presenza di peli. L’apparato radicale è fascicolato e di consistenza legnosa. I fiori sono piccoli, tubolari, di colore rosso violetto, raggruppati in spicastri (gruppi di fiori che spuntano all’ascella di foglie opposte) all’ascella delle foglie.
La fioritura si ha da giugno a settembre. Il frutto è un tetrachenio.

Allo stato spontaneo esistono svariati tipi di timo tra i quali:
il Thymus serpyllum una varietà di timo molto apprezzata in cucina per la delicatezza dell’aroma; rispetto al timo comune contiene infatti una minor quantità di timolo e di olio essenziale. Presenta fusti striscianti, radicanti, con foglie ellittiche e fiori simili al timo comune, ma con profumo più debole; per il suo aspetto particolarmente grazioso è spesso impiegato a scopo decorativo. Si adatta perfettamente alla realizzazione di splendidi tappeti erbosi fitti, colorati e emananti, soprattutto quando li si calpesta, un inebriante profumo di limone, di cumino o di pino, cioè l’aroma tipico della varietà messa a dimora.
Altre specie importanti sono il T. capitatus, il T. albus, il T. citriodorus e altri. Viene utilizzato dall’industria alimentare, cosmetica, farmaceutica e liquoristica. Le sue proprietà aromatiche ed antisettiche ne fanno una pianta molto utile per la conservazione dei cibi.
Nei tempi antichi l’aroma del timo, forse perché tanto intenso e vigoroso, era ritenuto capace di infondere coraggio, quindi i soldati tonificavano il corpo lavandolo con acqua di timo, e rinvigorivano l’animo bevendo tisane di timo. Le leggende narrano che, grazie al suo profumo, il fiore del timo sia il preferito dalle fate, e la realtà afferma che, per la stessa caratteristica, è molto amato dalle api.

Ecco alcuni consigli utili:

Esposizione:
il timo come tutte le piante rustiche non ha esigenze particolari ma preferisce i luoghi soleggiati e caldi.
Coltivazione:
può essere coltivato anche in vaso. Si adatta facilmente a tutti i tipi di terreno, anche se predilige i terreni calcarei e leggeri, ben soleggiati; sopporta male i terreni pesanti e mal drenati. Non tollera inverni umidi e freddi con minime molto al disotto dello zero.
Messa a dimora:
il timo si moltiplica per talea in primavera inoltrata o in agosto. La semina è preferibile alla talea e si effettua in semenzali tra giugno e inizio agosto, mentre il trapianto delle piantine, in pieno campo, verrà effettuato nel periodo autunnale o all’inizio della primavera successiva.
Irrigazione:
annaffiare frequentemente somministrando poca acqua per evitare il ristagno idrico.
Tempo balsamico (raccolta):
le foglie vanno asportate quando la pianta è in fiore e l’aroma è massimo.

Informazioni per la difesa della pianta

Malattie e i Parassiti:
le principali patologie riscontrate sul timo sono l’Alternaria oleracea Milb. che danneggia i frutti; la Puccinia Menthae Pers., l’Aecidium Thymi Fuck. e la Thyelauia Microspora Apinis che attaccano le foglie. Vi sono poi alcuni insetti minatori fogliari; le larve di un lepidottero (Tortrix ronubana Hb) e un nematode (Meloidogyne haple Chitwood) che danneggiano l’apparato ipogeo.

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